Abbiamo bisogno di cibo ogni giorno per rimanere in vita e sostenere tutte le attività esterne ed interne al nostro corpo.
Ma cosa regola i nostri comportamenti alimentari? Possono essere sregolati? E cosa succede quando questi sistemi lavorano in perfetta sincronia?
Scopriamolo insieme!
1. Qual è la differenza tra “ho voglia di mangiare’’ e ‘’ho bisogno di mangiare”?
Fame
La fame è la sensazione del bisogno fisiologico di mangiare - per fornire al nostro corpo energia e sostanze nutritive in modo che possa rimanere in vita e fare cose importanti come crescere, riparare e muoversi.
La fame si manifesta in un insieme di fenomeni fisici, come uno stomaco che brontola, un "mal di testa da fame" o sentirsi "arrabbiato". Ed è influenzata da diversi fattori biologici, psicologici e sociali.
Come vedremo più avanti, si tratta principalmente di fame omeostatica, ovvero la necessità di soddisfare i fabbisogni energetici e nutritivi, e mantenere le scorte a lungo termine.
Appetito
L'appetito è il desiderio di mangiare: desiderare cibo, apprezzare il cibo e preferire determinati cibi rispetto ad altri.
Il termine deriva dal latino ‘’appetere’’, ovvero “cercare”.
Quindi, possiamo pensare all'appetito come quando siamo motivati a mangiare, gli aspetti qualitativi del mangiare e la forza che ci spinge a mangiare, anche se siamo fisicamente sazi o abbiamo già soddisfatto l'esigenze di energia e di nutrienti del nostro corpo.
L’appetito è quella cosa che ti porta a voler mangiare un’altra fetta di torta anche se ti senti così sazio da non riuscire a mangiare piu’ pollo e asparagi.
Sazietà
Il termine “sazietà” deriva dal latino ‘’satis’’, ovvero “abbastanza”.
La sazietà è un processo fisiologico che controlla le dimensioni dei nostri pasti e ci dice quando smettere di mangiare. La sazietà, quindi, è il processo che inibisce l'ulteriore alimentazione, facendoci sentire meno affamati e più sazi dopo aver terminato un pasto.
Pienezza
La pienezza è una sensazione fisica di avere volume e peso nella pancia.
È quella sensazione che ci spinge ad allentare la cintura dopo un pasto abbondante.
Soddisfazione
Nel Team Pavone una delle aree su cui lavoro con i clienti è imparare a identificare quando hanno mangiato abbastanza, mangiando fino a quando sono appena soddisfatti.
Questo può essere complicato da imparare, capire e praticare, soprattutto per le persone con culture nelle quali le porzioni sono abbondanti e le persone sono abituate a mangiare "tutto quello che hai nel piatto".
Un modo semplice per distinguere tra "sazio" o "appena soddisfatto" e "pieno" è alzarsi immediatamente dopo un pasto e provare a fare una camminata veloce.
Se hai mangiato fino a "appena soddisfatto", dovresti sentirti bene.
Se hai mangiato fino a "pieno", ti sentirai scomodo.
Puoi provare a utilizzare una scala da 0 a 10 per imparare la differenza tra questi vari elementi. Ad esempio:
1) su una scala da 0 = fame a 10 = assolutamente affamato, dove ti senti prima di iniziare un pasto?
2) su una scala da 0 = fame a 10 = assolutamente pieno, dove ti senti dopo aver terminato un pasto?
2. Quattro sistemi chiave nel nostro corpo governano la regolazione dell'appetito
Rilevamento e disponibilità di nutrienti.
Riserve energetiche a lungo termine.
Fabbisogno metabolico e massa funzionale.
Gusto e preferenze alimentari.
Sistema 1: Rilevamento e disponibilità di nutrienti
Come l’inventario di un magazzino, il nostro corpo ha bisogno di aggiornamenti regolari su quanta energia e nutrienti sono disponibili.
Quindi, ci sono diversi sistemi che monitorano regolarmente l'energia e i nutrienti che sono immagazzinati in vari tessuti come grasso e muscoli, circolanti nel nostro flusso sanguigno e/o scomposti e assorbiti dal nostro tratto gastrointestinale.
Gli ormoni, in particolare dallo stomaco e dall'intestino, forniscono al cervello informazioni importanti sull'energia e sullo stato dei nutrienti.
Come vedrai in questo articolo, tutti gli ormoni tranne uno (la grelina) promuovono la sazietà.
Sistema 2: Riserve energetiche a lungo termine
Il nostro corpo ha anche bisogno di sapere quale energia è immagazzinata, per sostenerci durante periodi di carestia.
Due ormoni chiave, l'insulina e la leptina, aiutano a fornire al tuo cervello informazioni sulle riserve di energia a lungo termine all'interno del corpo, che sono immagazzinate principalmente nei tessuti adiposi.
Pensa a questi come all'indicatore del carburante disponibile nel tuo corpo.
Questi ormoni si legano ai recettori nel cervello (vedremo tra poco che si tratta dell'ipotalamo) per regolare l'assunzione di cibo e il dispendio energetico.
Inviano anche messaggi ad altre aree cerebrali coinvolte nella memoria, nell'apprendimento, nel processo decisionale e nel sistema di ricompensa del comportamento alimentare e alimentare.
Sistema 3: Fabbisogno metabolico e massa funzionale
Quando i nostri corpi hanno più massa, hanno bisogno di più energia.
Ciò significa che dobbiamo mangiare di più, quindi il nostro corpo deve assicurarsi che siamo spinti a mangiare abbastanza per sostenerlo.
Questa necessità di energia per sostenere le funzioni di base è il nostro Metabolismo Basale (RMR).
L'RMR influenza fortemente le dimensioni dei pasti e l'apporto energetico giornaliero oltre ad essere associato all'intensità della fame.
In altre parole, se sei più grande, probabilmente mangerai di più e ti sentirai più affamato.
Ciò potrebbe essere dovuto all'influenza combinata della massa grassa e della massa magra sul controllo dell'appetito.
Con l'aumentare della massa grassa, aumenta anche la leptina (ti ricordi? E' uno degli indicatori chiave del carburante disponibile nel corpo). In teoria, questo dovrebbe renderci meno affamati, poiché l'effetto della leptina è quello di aumentare la sazietà. D'altra parte, avere più leptina circolante (cosa che spesso accade con più grasso corporeo) a volte porta alla resistenza a tale ormone, che può impedire che i messaggi necessari arrivino al cervello (maggiori informazioni su questo tra poco).
Sebbene la massa magra abbia dimostrato di influenzare l'appetito e l'assunzione di cibo, gli scienziati non sono ancora del tutto sicuri di come funzioni.
Sistema 4: Gusto e preferenze alimentari
L'appetito è influenzato anche dalle preferenze alimentari e sensoriali.
Sia il gusto che l'olfatto (ovvero il sistema olfattivo) guidano ciò che scegliamo di mangiare, il che, a sua volta, influenzerà il nostro apporto energetico.
Inoltre, gli ormoni che fanno parte della regolazione dell'appetito sono stati identificati sulle papille gustative e sui neuroni olfattivi (cellule nervose coinvolte nella percezione dei profumi).
Anche la modifica della concentrazione di uno di questi ormoni, il neuropeptide YY (PYY), ha dimostrato di modificare le preferenze alimentari e l'apporto calorico.
Infine, gusto e preferenze alimentari variano nel corso della crescita:
Il gusto dolce può attutire il dolore nei neonati e nei bambini.
I bambini preferiscono lo zucchero e il sale durante i periodi di crescita.
Gli adulti sono meno sensibili ai gusti amari e complessi, il che significa che gli adulti possono gustare caffè, birra, scotch affumicati, olive, formaggio stagionato, acciughe e altri cibi che fanno schifo ai bambini.
3. Tutti questi sistemi biologici lavorano insieme e si adattano alle nostre scelte ed esperienze!
Questi 4 sistemi non operano da soli, ma si influenzano reciprocamente, anche nel corso della giornata: ad esempio, molte persone sono schizzinose o non hanno affatto fame al mattino, bramano lo zucchero a metà pomeriggio e a tarda notte invece liberi tutti… tutto il cibo è oro!
Probabilmente ti sarà anche capitato di essere completamente sazio dopo cena, ma di riuscire a trovare spazio per il dolce!
Questo succede perché man mano che consumiamo cibi specifici, il nostro cervello si adatta al loro gusto, aspetto, odore e consistenza: questo processo generale in cui qualcosa inizia come gratificante ed alla fine diventa “ok” è noto come adattamento edonico.
Quindi, ad esempio, mangiare un’intera pizza all’inizio sarà davvero una figata per poi diventare a volte anche spiacevole alla fine del pasto.
È interessante notare come in questo processo non entrino in gioco cibi che non stiamo mangiando in quel momento: dopo esserti riempito per bene con tutta quella pizza, il gelato (un cibo diverso) risulta essere ancora allettante.
Ecco perché i buffet con la loro varietà apparentemente infinta sono bombe caloriche: solleticano il nostro senso di novità!
Questa esperienza in evoluzione e mirata dei cibi particolari che stiamo mangiando viene spesso definita sazietà sensoriale specifica.
In altre parole: il corpo umano è complesso!!!
4. Funzione e struttura: omeostasi ed edonismo
In tal senso, possiamo classificare la regolazione dell'appetito in due grandi categorie, sebbene i due sistemi si sovrappongano e condividano i circuiti cerebrali.
1. I sistemi omeostatici gestiscono quanta energia abbiamo nel corpo. Regolano la fame e l'appetito in modo da soddisfare le tue esigenze energetiche: mangi quando hai bisogno di calorie. Quindi questo aiuta a mantenere tutto in equilibrio (o omeostasi energetica.)
I sistemi omeostatici possono essere scomposti in componenti strutturali: centrale (cervello) e periferico (tratto ormonale e gastrointestinale).
2. I sistemi edonici sono ciò che ti spinge a mangiare cibo squisito, nonostante abbia soddisfatto il tuo fabbisogno calorico. La parola "edonico" è correlata a "edonismo", ed entrambi condividono la stessa antica radice greca di ‘’hēdonē’’, o piacere.
In psicologia, il termine "edonico" si riferisce al grado di piacere (o spiacevolezza) che sperimentiamo.
Molte delle difficoltà che abbiamo nel regolare il nostro cibo e i nostri comportamenti alimentari riguardano il sistema edonico: ci siamo infatti evoluti per preferire cibi gustosi, ricchi di nutrienti e ricchi di grassi, zuccheri e sale.
Questo andava bene in un ambiente ancestrale, quando bisognava lavorare sodo per quei cibi (ad esempio, arrampicarsi su un albero per raccogliere un cocco o uccidere un animale per ottenere le sue parti grasse), e anche se per porzioni minuscole.
Non funziona così bene in un ambiente moderno, quando dobbiamo solo alzare un dito per raccogliere migliaia di calorie in deliziosi cibi da asporto direttamente alla nostra porta.
Tuttavia, anche il sistema omeostatico gioca un ruolo in tutto questo: ad esempio, ci siamo anche evoluti per mangiare di più quando c'è abbondanza e compensare eventuali carenze. Quindi, quando il cibo è prontamente disponibile e tutto intorno a noi, graviteremo verso di esso.
Di conseguenza se restringiamo in altro modo i nutrienti (ad esempio, con una dieta a basso contenuto di carboidrati o a basso contenuto di grassi), il nostro corpo spesso aumenterà la fame e l'appetito per compensare.
5. Il quartier generale del controllo dell’appetito: IL CERVELLO!
Tante persone pensano che sia la pancia (o lo stomaco) a governare l’appetito e la fame per via degli stimoli sensoriali che si sentono quando si ha fame o si è sazi, in realtà è una piccola area del cervello a governare questi meccanismi, nello specifico, l’ipotalamo.
Nel corso dei millenni il nostro corpo si è dovuto adattare all’ambiente circostante, sviluppando sistemi endogeni (da dentro il corpo) utili a farci sopravvivere in tali circostanze. In tale ottica l’ipotalamo non si occupa solo di appetito, ma è il controllore delle 4 F:
Fighting (Combattere)
Feeding (Alimentarsi)
Fleeing (Scappare)
F… (riprodursi) ah, pensavi che avrei usato la parola F vero?
Entrando nello specifico del controllo dell’appetito, il nostro sistema corpo si è adattato a sopravvivere a periodi di carestia sviluppando sistemi utili a procacciarci cibo. Vediamo insieme come funzionano!
Il primo anello della catena di comunicazione: l’ARC
La prima grande sezione di neuroni all'interno dell'ipotalamo, dove viene elaborata la maggior parte della segnalazione dell'appetito, è chiamata nucleo arcuato (ARC).
Questi neuroni sono indicati come neuroni di primo ordine (o neurone sensoriale primario), perché sono i primi a raccogliere segnali dal corpo (come ormoni o sostanze nutritive) attraverso la barriera emato-encefalica.
L'ARC in estrema sintesi ci informa sullo stato dei nutrienti del nostro corpo (ad esempio, i livelli di glucosio sono troppo bassi? Le nostre cellule adipose stanno raggiungendo la piena capacità?)
Il nucleo arcuato ospita diversi tipi di neuroni di primo ordine che lavorano per aumentare o diminuire l'appetito e l'assunzione di cibo:
I neuroni neuropeptide Y (NPY) e il peptide correlato alla proteina agouti (AgRP) sono considerati oressigeni o stimolatori dell'appetito.
I neuroni pro-opiomelanocortina (POMC) e cocaine-amphetamine regulated transcript, ossia, trascritto regolato dalla cocaina e dall’anfetamina (o CART) sono considerati anoressigeni o soppressori dell'appetito.
CURIOSITA’: come suggerisce il nome, i neuroni CART sono stati originariamente identificati perché rispondono alla cocaina e all'anfetamina.
Potresti anche riconoscere la radice della parola "melanina" (il pigmento che colora la nostra pelle) nell’acronimo POMC: le interruzioni nel sistema POMC possono infatti anche causare cambiamenti nel colore della pelle o, nel caso dei topi, della pelliccia
Vediamo ora come funzionano esattamente.
Corpo in stato di “carenza di energia”
Quando il corpo è in uno stato di "carenza di energia" come il digiuno, i neuroni di primo ordine nell'ARC rileveranno i cambiamenti negli ormoni o nei nutrienti nel sangue.
In particolare, questi segnali chiamano in azione i neuroni NPY e AgRP.
Quando tali neuroni vengono attivati:
producono gli omonimi NPY e AgRP, che sono peptidi oressigenici o segnali cellulari basati su proteine che stimolano l'appetito da inviare ai neuroni di secondo ordine.
inibiscono anche le azioni dei neuroni POMC e CART (i loro "vicini" nell’ARC, che sono invece soppressori dell’appetito, ricordi?)
In altre parole, una volta che NPY e AgRP ricevono il messaggio che è ora di suonare il campanello della cena, inviano segnali ai neuroni di secondo ordine.
Corpo in stato di “eccesso di energia”
Diamo un'occhiata adesso a cosa fanno i neuroni POMC e CART.
Come i neuroni NPY/AgRP, i neuroni POMC/CART di primo ordine rispondono ai cambiamenti nei nutrienti e negli ormoni mentre escono dal sangue ed entrano nel cervello.
Quando abbiamo mangiato più di quello di cui il nostro corpo ha bisogno (ad es. surplus o eccesso di energia), i segnali metabolici (ad es. ormoni e sostanze nutritive) attivano POMC e CART, i quali
inviano segnali ai neuroni di secondo ordine per diminuire l'appetito e l'assunzione di cibo;
inibiscono le azioni dei neuroni NPY/AgRP;
i neuroni CART producono anche ormoni chiamati ormoni stimolanti gli α-melanociti (α-MSH), anch’essi inviati al secondo passo della catena di comunicazione (recettori all'interno del nucleo ipotalamico paraventricolare - PVN). Anche questo processo ci fa mangiare di meno e può anche aumentare il dispendio energetico (sempre nel tentativo di contenere il bilancio calorico netto).
Può diventare molto più complicato di così: alcuni ormoni invieranno segnali al cervello che inibiscono una popolazione di neuroni attivandone contemporaneamente un'altra, una specie di doppio colpo endocrino.
Il secondo anello della catena di comunicazione: PVN e LHA
Ricorda, l'ARC è solo il primo passo della regolazione dell'appetito: i neuroni nell'ARC (sia neuroni NPY/AgRP che POMC/CART) devono ricevere informazioni dal corpo e comunicare con i neuroni in altre parti dell'ipotalamo, per avviare qualsiasi tipo di risposta.
Questi neuroni ARC si connettono quindi ai neuroni di secondo ordine nel nucleo ipotalamico paraventricolare (PVN) e nell'area ipotalamica laterale (LHA).
Pensa ai neuroni di secondo ordine come al prossimo passo nella catena della comunicazione.
La catena di comunicazione in azione
La nostra spinta a mangiare cambierà molte volte durante il giorno, non solo in base alla carenza o eccesso di energia, ma anche in risposta ad altri segnali biologici e cambiamenti ambientali.
Guardare quella torta di mele fresca uscire dal forno potrebbe stuzzicare l'appetito.
Stare vicino a un mucchio di spazzatura puzzolente nel giorno della spazzatura nel caldo estivo può frenare il tuo interesse per il cibo. Che schifo!
Alla fine, mentre avanziamo nella nostra giornata, molti segnali a breve e lungo termine convergeranno sull'ipotalamo per regolare l'appetito.
Prova tu stesso come funzionano questi segnali!
Prenditi un momento per prendere appunti.
Fai un elenco di 3 o 4 attività che hai completato oggi. Ad esempio:
Hai fatto colazione?
Hai preparato la cena?
Hai rimandato il pranzo per finire “una cosetta al PC”?
Hai fatto un allenamento vigoroso o una lunga camminata all'aperto?
Come è cambiato il tuo appetito a seguito di ogni attività?
Sulla base di questo esperimento, puoi vedere in che modo i neuroni NPY/AgRP e POMC/CART sono cambiati nel tuo ipotalamo in risposta a ciascuna attività.
Ora ti starai chiedendo: ma in che modo la conoscenza dei sistemi fisiologici al lavoro dietro le quinte della regolazione dell'appetito cambia (o non cambia) il modo in cui parli della fame?
Per rispondere a questa domanda facciamo un breve recap!
Abbiamo visto che:
i segnali di equilibrio energetico (soddisfare fabbisogni energetici nel breve termine e mantenere le scorte a lungo termine) controllano l'appetito e l'assunzione di cibo, ma non sono gli unici (pensa a quanto abbiamo visto su gusto e preferenze alimentari o sul sistema edonico)
ci siamo evoluti per preferire cibi gustosi, ricchi di nutrienti e ricchi di grassi e per mangiare di più quando c'è abbondanza e compensare eventuali carestie:
non è la pancia (o lo stomaco) a governare l’appetito e la fame, ma sono i sistemi centrali (cervello e sistema nervoso centrale) ad essere il vero quartier generale del controllo dell’appetito
i sistemi periferici (tutto il resto) lavorano in un concerto di feedback su ciò che stiamo mangiando ed inviano i segnali al centrale tramite messaggeri chimici come gli ormoni.
CUROSITA': fatta eccezione per il gruppo di ormoni sessuali (steroidi), la maggior parte degli ormoni nel nostro corpo sono… Proteine o derivati da proteine!
Dal gruppo di organi che comprende bocca, esofago, stomaco, pancreas, fegato, cistifellea, intestino tenue, colon e retto (noto collettivamente come intestino o tratto gastrointestinale - GI) provengono molti dei nostri segnali di breve termine (come la grelina). Mi concentrerò particolarmente su questi nel proseguo!
Esistono anche strutture al di fuori dell'intestino (come il nostro tessuto adiposo) che producono ormoni che regolano l'appetito e informano il cervello sulle riserve di energia a lungo termine (come la leptina);
CURIOSITA’: i nostri tessuti riproduttivi e persino le nostre ossa possono inviare messaggi coinvolti nella regolazione dell'appetito
Anche nel nostro cervello e nel sistema nervoso centrale ci sono ormoni che svolgono un ruolo importante nel complesso sistema di regolazione dell'appetito
Gli ormoni possono essere suddivisi in:
1. anoressigeni (che sopprimono l'appetito);
2. oressigeni (stimolatori dell'appetito).
non ci sono molti ormoni che inducono l'appetito, a parte i peptidi nel nostro cervello (NPY e AgRP) e la grelina (anche se potrebbero esserci alcune eccezioni con gli ormoni sessuali).
6. Controllo dell'appetito: una ricerca degli Anni 90
Ora ti starai chiedendo: se è come me l’ha raccontata Francesco, non basterebbe aumentare la presenza di ormoni che sopprimono l’appetito per non avere fame?
È esattamente quello che avevano pensato i ricercatori negli anni ’90, convinti di aver trovato la soluzione all’obesità.
Pensavano che tutto quello che dovevano fare fosse iniettare leptina nei corpi delle persone obese e avrebbero perso immediatamente peso.
Il problema: le persone con obesità hanno già molta leptina.
Quindi come la mettiamo?
Gli scienziati si sono resi conto che, oltre a condividere percorsi simili all'insulina, la leptina condivideva un'altra proprietà: possiamo diventare resistenti ad essa.
Quindi, non importa quanta leptina circola, le cellule bersaglio semplicemente potrebbero non riconoscerla.
Con la leptina accade qualcos'altro di veramente interessante. La relazione proporzionale tra i livelli di leptina e il grasso corporeo scompare durante il digiuno a breve termine e i livelli di leptina diminuiscono in misura maggiore di quanto ci aspetteremmo dai cambiamenti (o dalla loro mancanza) nel grasso corporeo. Questo può accadere dopo appena 12 ore di digiuno.
Ciò significa che nelle persone che limitano in modo aggressivo l'apporto energetico (ad es. dieta rigorosa o digiuno) per un periodo di tempo, i livelli di leptina possono essere molto più bassi, anche con la stessa quantità di grasso corporeo.
In altre parole, la dieta può avere conseguenze ironiche: le persone possono finire per avere più fame, ma senza aver perso molto grasso corporeo.
Lo so… mi ripeto… ma il corpo umano è davvero… davvero complesso!
Ed anche la risposta alla domanda seguente non può essere semplice: come facciamo ad avere fame quando ci sono così pochi ormoni che ci segnalano di mangiare e così tanti che vanno a sopprimere l’appetito?
Oltre al fatto che a volte la grelina potrebbe anche non avere il pieno effetto che pensiamo abbia e potrebbe non prevedere necessariamente come e quanto mangiamo, fortunatamente il nostro sistema di regolazione dell'appetito endocrino non funziona a caso e altri fattori biologici e psicologici sono in gioco contemporaneamente.
Come accennato in precedenza, cose come le fasi della nostra vita, il nostro microbioma, il sonno e persino i nostri desideri avranno un ruolo nel modo in cui percepiamo la fame.
Se il corpo umano è complesso, le risposte non possono che essere complesse!
Ma ora conosci un po’ di più i meccanismi che operano dietro le quinte… quindi… CONTINUIAMO QUESTO VIAGGIO DI SCOPERTA DEL NOSTRO CORPO!
7. E’ vero che mangiare lentamente dà ai nostri ormoni il tempo di dire al nostro cervello di smettere di mangiare?
Abbiamo tutti sentito il consiglio di mangiare lentamente per dare al nostro corpo più tempo per sentirsi pieno.
Alcuni di noi, a cui piace inalare i pasti con una masticazione minima, probabilmente sa cosa vuol dire, mangi mangi mangi e di colpo...SBAM! Ti senti pieno da star male.
Un gruppo di ricercatori ha cercato di capire se c'è qualche merito scientifico nel mangiare lentamente.
In un gustoso esperimento:
17 persone sane hanno mangiato 675 kcal di gelato in due sessioni diverse;
Ai partecipanti sono stati concessi 5 minuti o 30 minuti per mangiare il gelato;
Nella sessione di 5 minuti, il gelato è stato diviso in due porzioni uguali, che sono state date all'inizio e 5 minuti dopo. Nella sessione di 30 minuti, il gelato è stato suddiviso in sette porzioni somministrate ogni 5 minuti (lo hanno fatto per assicurarsi che il gelato che stavano mangiando fosse sempre congelato).
Si sono persino assicurati che ogni porzione fosse consumata entro 1 minuto per mantenere una velocità uniforme di ingestione del pasto.
Sono stati misurati il cambiamento di grelina (ricordi? Induce l’appetito), PYY e GLP-1 (ormoni prodotti nell’intestino che inducono sazietà) utilizzando campioni di sangue;
L’appetito soggettivo è stato misurato utilizzando una scala per determinare quanto fossero sazi/affamati.
I risultati?
Rispetto al pasto breve, il pasto di 30 minuti:
Aveva livelli più alti di PYY;
Aveva livelli più alti di GLP-1;
Aveva cambiamenti simili di grelina (sebbene studi successivi abbiano dimostrato che la grelina effettivamente diminuisse);
Aveva una tendenza a sentirsi più sazio, ma questo non era statisticamente significativo;
Quindi cosa significa tutto questo?
Mangiare un pasto lentamente ridurrà la quantità di ormoni oressigeni nel sangue, un effetto che può durare anche dopo il pasto.
Di conseguenza, potresti sentirti più pieno e potresti avere meno probabilità di fare uno spuntino dopo.
Dico ‘’potresti’’ perché ci sono molti altri fattori.
Potresti sentirti davvero pieno dopo un pasto, ma in qualche modo avere sempre spazio per il dessert.
Quindi, mentre questi ormoni dell'appetito hanno un effetto piuttosto forte sull'appetito e sulla sazietà, ci sono ancora altri fattori che possono annullarli.
Prova tu stesso.
Prepara lo stesso pasto in due diverse occasioni. Se vuoi diventare un po' più scientifico e controllato, pesa il cibo, conta le calorie e prepara i pasti a distanza di una settimana.
Potresti anche acquistare alimenti preconfezionati che semplificano la misurazione, come un piccolo contenitore di gelato.
Se ottieni occhi giudicanti alla cassa, digli che è in nome della scienza.
Imposta un timer per il pasto.
Concediti 5 minuti per finire di mangiare un giorno e 30 minuti un altro.
La regolazione dell’appetito è correlato anche a quanto accuratamente mastichi ogni boccone, quindi nel pasto di 30 minuti, cerca di masticare lentamente e assaporare ogni boccone.
Qualunque sia il risultato di questa prova tieni bene a mente che le persone variano nei loro segnali di appetito, fame e sazietà e reattività. Alcuni di questi sono genetici, altri no. Se naturalmente ti sazi facilmente, non aspettarti che tutti i tuoi amici si sentano allo stesso modo!
Lo vedremo ancora più nello specifico più avanti, ma tieni sempre a mente che gli organismi si adattano al loro ambiente:
a breve termine (ad esempio, l'adattamento ad alcune settimane di un particolare schema alimentare)
a lungo termine (ad esempio, nel corso di decenni)
estremamente a lungo termine (ad esempio, attraverso generazioni).
La capacità di modificare il nostro appetito per adattarlo al nostro ambiente è un'arma a doppio taglio:
da un lato, consente alle nostre cellule di adattare la loro funzione al loro ambiente
d'altra parte, può lasciarci in grave svantaggio se il nostro ambiente cambia.
Fortunatamente, non siamo del tutto in balia dei nostri geni: possiamo cambiare il nostro ambiente per adattarlo meglio alle nostre esigenze individuali.
Certo, i nostri geni dicono alle nostre cellule come funzionare. Ma il modo in cui ci muoviamo e ciò con cui nutriamo il nostro corpo può influenzare i nostri geni.
8. Stress e sonno influenzano l'appetito?
Altri due sistemi influenzano enormemente i segnali di fame, appetito e sazietà.
1) il ciclo di recupero dallo stress: gli stress di ogni tipo possono stimolare una risposta fisiologica allo stress. Questa risposta allo stress ci indebolisce brevemente, tuttavia
se riusciamo a riprenderci e ad adattarci ai fattori di stress, nel tempo miglioreremo.
se invece non riusciamo a riprenderci, col tempo peggioreremo.
2) il ritmo circadiano, il ciclo di luce e buio di circa 24 ore che organizza i processi fisiologici. In particolare, esaminerò cosa succede alla nostra fame, appetito e sazietà quando interferiamo con quei cicli, come con interruzioni del sonno, turni di lavoro e/o jet lag.
Stress ed appetito
I nostri sistemi nervoso e immunitario, fungendo da ponti tra il mondo interno e quello esterno, sono attori chiave nello stress e nel recupero dallo stress, e come abbiamo visto in passato, il tratto gastrointestinale gioca un ruolo cruciale in entrambi.
I nostri cicli di recupero dallo stress sono strettamente legati agli ormoni e ad altri messaggeri chimici che organizzano il nostro appetito, la fame e la sazietà.
Ad esempio:
l'appetito della maggior parte delle persone cambia quando si sentono stressate.
anche le persone che generalmente fanno scelte alimentari sane hanno maggiori probabilità di cercare cibi di conforto sotto stress.
le scelte alimentari tendono ad essere più rigide e limitate quando le persone sono stressate.
le persone sono meno aperte alla varietà e non provano cose nuove.
È interessante notare che, mentre lo stress estremo tende ad avere lo stesso effetto sulla maggior parte delle persone (generalmente un qualche tipo di arresto fisiologico e grave interruzione di tutti i sistemi, compreso il tratto gastrointestinale), lo stress da lieve a moderato sembra variare parecchio. Ad esempio:
Alcune persone mangiano di più quando sono stressate, altri mangiano meno;
Alcune persone cercano di controllare il proprio cibo, altre persone perdono il controllo;
Alcune persone cercano di diminuire il piacere derivante dal cibo e dal mangiare, altri cercano di aumentarlo;
Questo probabilmente riflette le differenze individuali nella nostra impronta digitale dello stress, come ad esempio:
il tipo specifico e l'intensità dello stress (ad esempio lo stress acuto di breve durata con un corretto recupero può avere effetti diversi rispetto allo stress cronico e opprimente senza tregua);
piccole differenze nella nostra risposta individuale allo stress dovute a fattori genetici e della prima infanzia, nonché a traumi della vita;
comportamenti appresi riguardo alla ricompensa alimentare;
le nostre risorse esistenti per far fronte allo stress.
Questa variazione significa che vedrai spesso differenze nel modo in cui le persone rispondono allo stress nelle loro abitudini nutrizionali, tra cui:
mangiare più o meno;
scegliere cibi diversi dal normale o routine confortanti;
mangiare in orari diversi.
Grazie ai neurotrasmettitori condivisi (come la serotonina), anche le abitudini del sonno saranno influenzate dai fattori di stress, che a loro volta influenzeranno anche la fame, l'appetito e la sazietà.
E, come con il mangiare, alcune persone possono dormire più o meno quando sono stressate.
Gusto e stress
Le papille gustative hanno recettori per la noradrenalina, un ormone dello stress e un neurotrasmettitore. Queste cellule del gusto sono sensibili ai cambiamenti nei livelli di noradrenalina e svolgono un ruolo nel modo in cui percepiamo il gusto.
Livelli più elevati di norepinefrina (come accadrebbe in condizioni di stress più elevato) diminuiscono la nostra sensibilità sia ai sapori aspri che a quelli amari.
Anche l'ansia influisce sulla sensibilità al gusto: è stato riscontrato che le persone altamente ansiose hanno soglie più elevate per il riconoscimento dei gusti amaro e salato.
Questo può aiutare a spiegare una maggiore preferenza per cibi salati come molti spuntini iperpalatabili durante i periodi di stress: siamo meno sensibili al gusto dei cibi salati in quelle situazioni, quindi abbiamo bisogno di un livello più alto di salato per notare il gusto.
Sonno ed appetito
Quando dormiamo abbastanza bene, tutto funziona meglio:
ci sentiamo, pensiamo e ci comportiamo al meglio.
siamo effettivamente in grado di riconoscere i segnali di fame e rispondere in modo saggio e ponderato quando abbiamo fame.
Al contrario, non dormire a sufficienza è una cattiva notizia. L'interruzione del sonno influisce e peggiora molti fattori legati alla fame, all'appetito e alla sazietà, tra cui:
regolazione metabolica di processi come l'ossidazione del glucosio e dei lipidi;
funzione cognitiva (come pensiamo e prendiamo decisioni);
regolazione emotiva (gestire i nostri sentimenti);
tolleranza allo stress;
"forza di volontà ridotta" (cioè comportamento impulsivo e capacità di rimanere in pista con obiettivi a lungo termine);
Preferenze per cibi dolci e/o ricchi di calorie;
La perdita di sonno influisce anche sul nostro metabolismo del glucosio e sui livelli di leptina (ricordi? è un ormone che sopprime l’appetito): diverse notti di sonno limitato riducono i livelli medi di leptina del 19%, oltre a diminuire la normale variazione diurna del rilascio di leptina.
9. Posso colpire solo la fame edonica?
Come abbiamo già avuto modo di vedere, la fame omeostatica si verifica quando il corpo ha bisogno di energia e nutrienti per sopravvivere.
Strutture cerebrali come l'ipotalamo ed il tronco encefalico sono importanti regolatori della fame omeostatica.
La fame edonica o psicologica è quando mangiamo per piacere, tipicamente in assenza di fame fisica.
Il sistema mesocorticolimbico è un attore chiave nella fame edonica e comprende l'area tegmentale ventrale (VTA), il nucleo accumbens (NA), la corteccia prefrontale (PFC), l'ippocampo (Hippo) e l'amigdala (Amyg)..
Sebbene esistano differenze nette, gli scienziati hanno scoperto molte sovrapposizioni funzionali e anatomiche tra questi due tipi di fame. In altre parole, molte delle stesse strutture e sistemi sono coinvolti in entrambi. Le aree omeostatiche dell'ipotalamo e del tronco encefalico interagiscono con le strutture cerebrali non omeostatiche (edoniche) per controllare l'assunzione di cibo.
Gli ormoni provenienti da altri tessuti come il tessuto adiposo, il tratto gastrointestinale o le ovaie raggiungono queste aree, direttamente o indirettamente, per attivare percorsi che controllano sia l'equilibrio energetico (cervello omeostatico) che il piacere (cervello edonico) associati al mangiare (ad esempio, livello di fame, appetibilità del cibo, esperienze passate, umore, livello di stress, ecc.).
Questa sovrapposizione di strutture e sistemi ha senso, poiché l'apprendimento e la motivazione a cercare cibo per la sopravvivenza è in gran parte dovuto al piacere che proviamo dal consumarlo.
10. Cosa c'entra com'era il mondo 10.000 anni fa con la fame che ho ora?
All’interno del nostro quartier generale del controllo dell’appetito sono presenti sistemi che ci sono stati davvero utili per farci sopravvivere: piuttosto che andare facilmente al supermercato per acquistare cibo che è convenientemente immagazzinato sugli scaffali, dovevamo cacciare, affrontare carestie, condizioni meteorologiche avverse e predatori nella speranza di trovare il nostro prossimo pasto.
Era un lavoro durissimo!
Prima della rivoluzione alimentare industriale, sopravvivevamo con alimenti che potevamo ottenere attraverso lo sforzo umano, come prodotti animali cacciati e raccolti stagionalmente (utilizzando l'intero animale), alimenti vegetali non processati (ad esempio frutta, tuberi, noci, semi, ecc.), funghi, licheni, ecc.
Abbiamo mangiato una vasta gamma di cibi - in un certo senso, con molta più varietà di adesso - a seconda di dove vivevamo e del periodo dell'anno.
Gli alimenti ricchi di zuccheri e grassi, come miele, frutta o tessuti animali ricchi di grassi, erano relativamente più difficili da ottenere.
Eppure ci hanno dato i nutrienti e l'energia di cui avevamo bisogno per aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza (e supportare alcune evoluzioni utili, come far crescere il cervello).
Pertanto, abbiamo sviluppato sistemi che ci hanno motivato a impegnarci in comportamenti relativi all'ottenimento di quei cibi.
Quindi il nostro ambiente alimentare è cambiato molto, molto velocemente.
Il cambiamento più rapido nel nostro ambiente alimentare si è realmente verificato solo nell'ultimo secolo o giù di lì: i principali cambiamenti culturali e scientifici hanno aumentato la domanda di cibo conveniente e prontamente disponibile e le nuove tecnologie hanno dato origine a un ambiente alimentare con un'abbondanza di alimenti ultra-elaborati e iper-palatabili. Alcuni esempi:
Il secondo dopoguerra ha visto più donne entrare nel mondo del lavoro e una maggiore domanda di pasti veloci, facili e convenienti, utilizzando la tecnologia originariamente destinata a creare razioni economiche e prodotte in serie per le truppe sul campo.
Lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (HFCS) è stato introdotto nel mercato alimentare negli anni '70.
Le politiche economiche agricole dei governi hanno sovvenzionato alcune colture, come il mais o la soia, che sono diventate ingredienti importanti nei cibi iperpalatabili;
I progressi nella chimica degli alimenti hanno permesso di riprodurre sapori e aromi naturali con eccezionale precisione;
Smartphone + pandemia globale = tutto a portata di un click, tutto.
In un certo senso, questi e altri cambiamenti sono stati importanti miglioramenti. Per esempio:
Abbiamo un migliore accesso a cibo commestibile;
Non dobbiamo preoccuparci di essere sbranati da un leone quando andiamo a pranzo;
Possiamo consumare cibi provenienti da tutto il mondo, diversificando ulteriormente la nostra dieta e fornendoci diverse fonti di nutrimento (per le quali le persone che vivono in climi freddi sono senza dubbio grate);
Ma i sistemi legati alla sopravvivenza costruiti nel corso di millenni non possono certo essere “dimenticati” solamente dopo un secolo!
Ed essendo variato il nostro ambiente, le risposte originariamente costruite per sopravvivere possono prendere una piega diversa.
Prendiamo il sistema che ci ha portato a preferire cibi densi di calorie (specialmente ricchi di grassi e zuccheri) per sopravvivere.
Ora tale sistema ci porta verso alimenti iperpalatabili, altamente elaborati, spesso ricchi di energia, ma poveri di nutrienti. In altre parole, ci danno un sacco di calorie senza molto altro di cui abbiamo bisogno.
Se tale sistema funzionava bene quando era difficile trovare questi cibi densi di calorie, ora che hanno invaso il nostro ambiente alimentare è davvero, davvero facile mangiarne troppo.
Oggigiorno questi alimenti sono anche magici, illuminano i nostri percorsi di ricompensa nel cervello in modo che ci piacciano, li desideriamo e siamo motivati a continuare a cercarli.
11. Cosa rende il cibo palatabile?
Il cibo ha una serie di attributi chimici e fisici che ci aiutano a valutare se è buono da mangiare.
Raccogliamo informazioni sensoriali da questi attributi tramite strutture specializzate, principalmente nella bocca e nel naso, ma anche guardando e toccando i cibi.
Da un punto di vista biologico, giudichiamo ciò che rende il cibo appetibile (noto anche come buonissimo) utilizzando diversi criteri, tra cui:
Sapore (che è una combinazione di gusto e olfatto).
Consistenza (ad esempio tenerezza, succosità, viscosità, croccantezza).
Aspetto (ad esempio colore, forma).
Aroma.
Temperatura.
L'interazione tra queste caratteristiche sensoriali crea un attributo noto come koku.
Koku, dai geni della cucina giapponese che ci ha portato anche il concetto di umami (gradevole al palato), si riferisce alla sensazione unica causata dalla combinazione delle caratteristiche del cibo: tutte queste lavorano insieme per creare un'esperienza culinaria che include fattori come complessità, pienezza (un senso di sapore potenziato) e persistenza (per quanto tempo qualcosa rimane al palato).
La complessità del sapore si crea quando gli alimenti vengono processati, fermentati o riscaldati.
La pienezza e la persistenza sono causate dai fitosteroli e da tipi simili di molecole che creano l'umami.
Esistono cinque gusti primari, ognuno dei quali riflette il modo in cui particolari sostanze chimiche interagiscono in particolare con le nostre strutture sensoriali.
dolce
amaro
salato
acido
umami
CURIOSITA': Il grasso non è in quella lista. Il grasso può essere un gusto e/o una consistenza, anche se la ricerca non è definitiva a riguardo)
Questi gusti vengono rilevati dalle papille gustative: ne abbiamo circa 5000, sono principalmente sulla nostra lingua, ma ce ne sono anche sulla nostra faringe, epiglottide, laringe e palato molle.
Le papille gustative sono a forma di cipolla con 50-100 diversi tipi di cellule del recettore del gusto. Ogni gusto ha un recettore o canale distinto per rilevarlo.
Sebbene la chimica del cibo possa essere costante e la maggior parte degli umani condivida le stesse tendenze generali, non tutti amiamo, desideriamo o ricerchiamo esattamente gli stessi cibi. Perché no?
Perchè la chimica non è la sola risposta!
Molti fattori, oltre alla chimica degli alimenti, si combinano per dare forma a ciò che sperimentiamo come appetitoso e attraente, come:
Le nostre esperienze passate;
Quanto e cosa abbiamo mangiato di recente;
Il nostro umore;
Il nostro peso corporeo e la nostra composizione;
Quanto abbiamo pensato alla nostra salute futura
La domanda successiva sorge quindi spontanea!
12. Perché alla gente piacciono cose diverse?
Perché ci sono diversi gusti di patatine fritte?
Perché alcune culture adorano gli snack al gusto di barbecue, mentre altre adorano gli snack al gusto di gamberetti o gli snack super piccanti?
In altre parole, esiste un punto di beatitudine universale? NO.
Anche in questo caso la risposta è complessa: come per l'appetito omeostatico e la regolazione della fame, c'è una parte genetica nell'appetibilità:
Ci sono centinaia di geni noti per i recettori olfattivi (OR) negli esseri umani (se sei interessato a conoscerli tutti, dai un'occhiata a Human Olfactory Data Explorer, o HORDE).
Questa vasta gamma di variabili OR significa che esistono combinazioni teoricamente infinite di preferenze di gusto su base genetica. Ad esempio, alcune persone sono particolarmente sensibili alle aldeidi del coriandolo e pensano che sappia di sapone o terra. Altri pensano che sia un delizioso contorno per guacamole o curry. Ancora una volta, i ricercatori pensano che questa varianza sia dovuta a differenze nei geni OR.
Molti altri polimorfismi possono influenzare i geni dei chemiocettori, che a loro volta alterano le nostre percezioni dei sapori.
Queste variazioni individuali giocano un ruolo nel comportamento da "mangiatori schizzinosi" dei bambini, perché alcuni bambini sono naturalmente inclini a sperimentare il gusto di certi cibi in modo diverso da altri.
Ma la genetica non è la sola risposta:
la cultura cambia ciò che le persone mangiano e vogliono mangiare;
come abbiamo visto prima, non abbiamo molte preferenze alimentari alla nascita: ci piace il dolce e non ci piace l'amaro. Poi le cose cambiano con l’età.
per la maggior parte apprendiamo le nostre preferenze di gusto dalle persone e dalle routine che ci circondano.
Ricompensa appresa
Al di là delle differenze di gusto, i nostri cervelli possono anche sviluppare diversi livelli di valore di ricompensa associati al consumo di determinati alimenti, che alterano il nostro appetito per quel cibo.
L'influenza edonica dell'assunzione di cibo inizia molto prima che diamo il nostro primo boccone.
Segnali alimentari come l'olfatto, la vista e persino i pensieri possono suscitare una risposta.
Integrando le informazioni provenienti da diverse parti del cervello, sia il mangiare che i segnali associati possono attivare il percorso mesocorticolimbico, noto anche come percorso di ricompensa comune (o Comon Reward Pathway, CRP).
Quando attiviamo questo circuito di ricompensa (il CRP combina strutture e percorsi mesolimbici e mesocorticali), siamo motivati a prestare attenzione, imparare e ripetere comportamenti basati sulla sopravvivenza.
Ecco perchè la maggior parte delle persone ha almeno alcuni cibi che gli piacciono davvero, che bramano e che hanno difficoltà a mangiare con moderazione.
Molti diversi neurotrasmettitori sono coinvolti in questo sistema, ma la dopamina è stata la più studiata e svolge un ruolo importante nella ricompensa.
Nello specifico, quando il nostro cervello percepisce una ricompensa:
La dopamina viene rilasciata dall'area tegmentale ventrale (VTA) e viaggia attraverso i percorsi di ricompensa;
Si andrà quindi a legare ai recettori in molte altre parti del cervello tra cui l'amigdala, la corteccia prefrontale, il nucleo accumbens e l'ippocampo.
Un paio di appunti:
La dopamina non è l'unico neurotrasmettitore esistente;
"Dopamine hit" è diventata una parola d'ordine di marketing, ma in realtà ci sono molti segnali che collegano il bisogno di nutrienti del nostro corpo e il piacere che proviamo quando mangiamo;
Anche l'insulina e la leptina sono attori chiave con ruoli sia nella regolazione edonica che in quella omeostatica. Come abbiamo visto in precedenza, il loro lavoro è normalmente quello di aiutarci a mangiare di meno... tranne quando ne siamo resistenti!
Come abbiamo già avuto modo di scrivere, i fattori evolutivi e ambientali possono aiutarci a comprendere i comportamenti alimentari.
Ma i cibi moderni possono cambiare i nostri comportamenti alimentari naturali, poiché sono letteralmente studiati affinché il nostro cervello impari ad associarli a piacere e ricompensa.
Mangiare MENO cibi altamente processati e PIÙ cibi integrali minimamente processati può aiutare le persone a gestire meglio l'appetito e la fame.
13. L'esercizio fisico può aiutare a regolare fame e sazietà?
Ora che abbiamo qualche attrezzo in più nella nostra cassetta degli attrezzi, possiamo anche capire cosa succede in queste due situazioni.
Diabete di tipo 2
Normalmente l'insulina (rilasciata dal pancreas)
Da un lato (omeostatico), quando l'insulina viene rilasciata dopo un pasto, si lega ai neuroni di primo ordine nell'ipotalamo e innesca una serie di segnali per diminuire l'assunzione di cibo.
Dall'altro lato (edonico), l'insulina aiuta contemporaneamente a ridurre il rilascio di dopamina dal VTA in risposta ai segnali alimentari, sopprimendo la nostra risposta "Oooh, buonissimo!" ai segnali del cibo.
Entrambe queste normali risposte adattative possono essere sregolate nei pazienti con diabete di tipo 2.
L'insulina non è più in grado di ridurre l'attività in queste regioni del cervello. La risposta alla ricompensa rimane attiva e i segnali alimentari rimangono gustosi.
Non sorprende che, in uno studio su persone con diabete di tipo 2, il 70% del campione soddisfacesse anche i criteri per la dipendenza da cibo.
Obesità
Il lavoro normale della Leptina è dirci di smettere di mangiare perché abbiamo preso abbastanza energia dal cibo (fame omeostatica).
I recettori della leptina sono stati trovati sui neuroni nel VTA così come nell'ippocampo e nell'amigdala (tutte aree coinvolte nella regolazione della fame edonica).
Tuttavia, quando i livelli di leptina sono cronicamente alti (come può accadere avendo molto grasso corporeo per lungo tempo), la leptina può perdere la sua capacità di dirci di smetterla diminuendo il piacere associato al cibo.
Tali persone devono mangiare di più per ottenere la stessa interruzione della leptina.
Fortunatamente, gli interventi (come l'esercizio fisico) che migliorano l'insulina cerebrale e la segnalazione della leptina possono aiutare a recuperare il controllo edonico e omeostatico dell'appetito.
Ora sai come l'esercizio fisico aiuti a regolare fame e sazietà!
14. Possiamo gestire questo sistema di ricompensa?
Partiamo da quanto abbiamo scoperto in precedenza:
la regolazione dell’appetito non è legata ad un semplice bilancio energetico (mangiare quello di cui ha bisogno il nostro corpo nel breve e lungo termine)
il sistema edonico gioca un fattore chiave su questi meccanismi di regolazione
sistema omeostatico ed edonico sono fortemente sovrapposti anche a livello di strutture e sistemi
Questo non vuol dire che non possiamo farci niente! Ricordati sempre: conoscendo puoi gestire!
E non ti preoccupare!!! Se non ti interessa il dettaglio dei ruoli delle varie aree del cervello nella regolazione di fame, sazietà ed appetito (subito qui di seguito) procedi pure alla sezione successiva, dove troverai anche la versione breve dell’intero processo!
Ruoli delle aree del cervello edonico
Area tegmentale ventrale (VTA): rilascia dopamina quando viene percepita una ricompensa.
Amigdala (Amyg): ci dice quanto sia piacevole lo stimolo (salienza) e quanto sia buono o cattivo (valenza).
Ippocampo (Hippo): responsabile della nostra memoria emotiva e ci consente di ricordare i dettagli che circondano una certa esperienza.
Corteccia prefrontale (PFC): responsabile del pensiero critico, della pianificazione e del processo decisionale. La corteccia orbitofrontale (OFC) è una parte della PFC responsabile dell'inibizione e del controllo degli impulsi e svolge un ruolo nel controllo cognitivo dell'appetito.
Nucleus accumbens (NA): aiuta con il controllo motorio, muovendo il corpo in un modo che ci permette di ottenere la ricompensa. Questa regione comunica con il PFC quando è il momento di interrompere il comportamento e praticare l'autoregolamentazione. È anche una struttura chiave nella salienza degli incentivi.
Il sistema di ricompensa in azione
Immagina: hai appena preso un boccone di torta al cioccolato.
Questo trattamento ad alto contenuto di grassi e zuccheri fa scattare il VTA a rilasciare dopamina, attivando infine la risposta di ricompensa.
Cosa succede dopo?
La dopamina del VTA si legherà ai neuroni nell'amigdala.
Questo ti darà un senso di piacere e felicità e comunicherà che questo è un comportamento che dovrebbe essere ripetuto.
Per quanto riguarda il tuo cervello, mangiare la torta ti ha reso felice. Se ne hai la possibilità, pensi che dovresti farlo di nuovo.
Il legame della dopamina nell'ippocampo ci aiuterà a ricordare e ripetere questa esperienza:
Dove mangiamo la torta?
Come abbiamo preso la torta?
Con chi eravamo quando abbiamo mangiato la torta?
Da annotatore sempre fedele, il nostro ippocampo ci aiuterà a replicare l'esperienza in futuro.
Il legame della dopamina nel nucleo accumbens ci aiuterà a coordinare i movimenti per ottenere la torta in futuro:
per sollevare le nostre forchette
per scavare un altro boccone
per aiutare a coordinare la nostra bocca per masticare la torta.
La corteccia prefrontale penserà in modo critico per aiutare a mettere insieme i pezzi dell'esperienza.
Aiuterà la nostra amigdala a comunicare con il nostro ippocampo per collegare questa esperienza con altre esperienze simili che abbiamo avuto.
Se lo chiediamo gentilmente, potremmo avere un'altra fetta di torta. Dopotutto, sulla base dei record nell'ippocampo, il PFC ci dice che ha già funzionato in altre situazioni passate.
La versione breve dell'intero processo
Stimolo (annusare e/o vedere la torta)
→ Azione (mangiare la torta)
→ Ricompensa (il tuo cervello si gode la torta e mangia l'esperienza)
→ Ripeti e rafforza l'azione.
Ora è chiaro come la nostra decisione di mangiare la torta non si basa sui bisogni fisiologici del nostro corpo.
Invece riflette ciò che vogliamo o ci piace, piuttosto che ciò di cui abbiamo bisogno.
Normalmente, i nostri sistemi edonistici giocano bene con i nostri sistemi omeostatici. Tranne quando:
alteriamo i cibi per renderli iperpalatabili - ricchi di zuccheri, grassi e sale, insieme ad altri potenziatori sensoriali, a differenza di quelli che si trovano in natura;
ci circondiamo di quei cibi;
sperimentiamo molto stress cronico;
usiamo quei cibi per gestire emozioni forti;
Quindi, questi alimenti possono stimolare la risposta alla ricompensa proprio come altre forme di dipendenza.
Ed è così che un sistema altamente organizzato ed elegante può essere dirottato in qualcosa che sembra inesorabile e compulsivo.
15. Dipendenza da cibo, esiste?
Non c'è dubbio che diversi tipi di nutrienti hanno effetti diversi su diverse aree del nostro cervello.
Eppure i ricercatori non sono d'accordo sul fatto che particolari sostanze alimentari stesse (come lo zucchero) creino dipendenza nello stesso modo in cui, ad esempio, potrebbero farlo la nicotina o l'eroina.
Ciò che è chiaro, tuttavia, è che sicuramente le persone sperimentano comportamenti compulsivi o sregolati riguardo al cibo e al mangiare, proprio come qualsiasi altra dipendenza comportamentale (come lo shopping o il gioco d'azzardo).
Questi possono includere:
Sentirsi costretti a mangiare troppo (piuttosto che godersi un pasto abbondante);
Sentirsi incapaci di controllare il cibo, astenendosi dal mangiare troppo o semplicemente mangiando "normalmente";
Sentirsi estremamente preoccupati (o in colpa) per il cibo e per il mangiare;
Mangiare per alleviare sensazioni negative o spiacevoli, che ritornano quando non si mangia;
Continuare il comportamento anche quando si tratta di conseguenze negative (come interrompere la funzione della vita quotidiana, le relazioni, la salute, ecc.);
Il verificarsi di questa risposta di tipo dipendente dipende da molti fattori.
Il nostro ambiente: quanto accesso hai a cibi iperpalatabili? Vivi in un deserto alimentare o in una palude alimentare? O hai accesso a cibi economici e nutrienti? L'insicurezza alimentare, che spesso dilaga nei deserti e nelle paludi alimentari, è associata a eccesso di cibo e disturbi alimentari.
Capacità edonica: quanto piacere proviamo dagli stimoli? Godere molto del cibo può aumentare il rischio di eccesso di cibo e dipendenza da cibo. Tuttavia, l'anedonia può anche indurre le persone a cercare maggiori stimoli, ottenendo così lo stesso effetto.
Sensibilità alla ricompensa: quanto del nostro comportamento è motivato dalla ricerca della ricompensa? Sebbene ci siano stati risultati contrastanti, alcuni studi hanno indicato che un'elevata sensibilità alla ricompensa (in altre parole, una risposta più forte a uno stimolo) è positivamente associata al binge eating (letteralmente "abbuffata di cibo") e alla dipendenza da cibo.
Livelli di dopamina al basale: livelli più bassi di recettori della dopamina D2 al basale - che possono essere il risultato di diversi fattori, inclusa la genetica - possono rendere una persona più suscettibile all'"automedicazione" compulsiva con il cibo.
Comprendere i sistemi edonistici può aiutarci a provare empatia per le persone che lottano con il cibo e il mangiare.
Attualmente, la dipendenza da cibo non è classificata come un disturbo convenzionale e i dati si basano su misure di autovalutazione che utilizzano scale come la Yale Food Addiction Scale 2.0.20
Anche così, circa il 5-10% della popolazione generale e il 15-25% delle persone con obesità soddisfano i criteri diagnostici per la dipendenza da cibo.
Ma allora, Francesco, qual è la risposta alla domanda "Perchè ho sempre fame?"
PARTE DI QUESTO E' FUORI DAL NOSTRO CONTROLLO
Dato che così tanti sistemi sono coinvolti nella risposta edonica e che molti di questi sono meccanismi di protezione evolutiva contro la carestia, non elimineremo mai completamente il nostro naturale desiderio di cercare e godere del cibo.
Né vogliamo farlo!
IN PARTE PERO' POSSIAMO MIGLIORARE!
Con la cura, il supporto e la guida di professionisti qualificati, tutte le dipendenze e i comportamenti compulsivi possono essere trattati.
Con abitudini nutrizionali e di stile di vita fondamentali (come mangiare cibi integrali minimamente processati, fare movimento regolare, praticare la consapevolezza e la gestione dello stress e così via), possiamo migliorare significativamente il nostro comando e controllo dei nostri impulsi edonici, assaporando e apprezzando il cibo, facendo scelte sagge e mangiando la giusta quantità per i bisogni del nostro corpo.
16. Controllare l'edonismo con la psicologia
Tranquillo se ti senti un po’ confuso: i sistemi che influenzano la nostra fame, il nostro appetito e la nostra sazietà hanno interazioni complesse e fortemente interconnesse tra di loro!
Ci siamo concentrati sino ad ora principalmente sui fattori biologici e sociali, ed ora entriamo un po’ di più nello specifico di quelli psicologici.
Fidati! Alla fine della lettura scoprirai come l’approccio Biopsicosociale ti aiuterà ad affrontare concretamente le sfide quotidiane!
Rinforzo del cibo
In psicologia, rinforzo significa tutto ciò che aumenta le possibilità che una particolare risposta accada di nuovo.
Il rinforzo positivo significa che:
Riceviamo una ricompensa (qualcosa che ci fa sentire bene) quando eseguiamo una particolare azione;
Proviamo una certa sensazione;
Abbiamo un particolare pensiero o convinzione.
Rinforzo negativo significa che alleviamo il dolore, o che qualche tipo di disagio viene rimosso, quando eseguiamo il comportamento desiderato.
Punizione significa che quando facciamo la cosa sbagliata, proviamo dolore.
Nel nostro passato evolutivo, molto spesso ricevevamo rinforzi negativi dal cibo. Mangiare questa patata cruda, fantastico, allevierò la mia fame!
Ma allora non era usuale ottenere rinforzi positivi così spesso.
Se hai mai provato a sopravvivere con una vera dieta ancestrale (cioè, non quella che presenta gustosi sostituti come le torte di farina di cocco), saprai che è così.
Tuberi scavati nel terreno, forme selvatiche di frutta (che di solito sono molto meno dolci), insetti e larve, carni non condite (comprese le frattaglie) e così via... beh, non sono esattamente un buffet da Hotel a 4 stelle.
E sono più difficili da ottenere, consumare e digerire.
Come abbiamo visto sopra, le persone sono profondamente diverse tra di loro:
Alcune persone sono abbastanza felici di mangiare solo per il carburante e le sostanze nutritive.
La maggior parte delle persone, tuttavia, preferisce qualche tipo di ricompensa alimentare in termini di gusto, consistenza, esperienza alimentare e così via.
Non ci siamo evoluti per mangiare cibo solo per i nutrienti e l'energia.
Allo stesso tempo mangiare solo per piacere potrebbe privarci di preziose sostanze nutritive.
In qualche modo, dobbiamo capire come vivere nella terra di mezzo.
I fattori psicologici in gioco
I fattori psicologici che cambiano le nostre esperienze possono includere:
elaborazione neurologica e cognitiva: come i nostri cervelli sono cablati per raccogliere e organizzare le informazioni;
identità: il nostro senso di chi siamo (o chi vogliamo essere);
credenze, storie e sceneggiature: ciò che pensiamo sia vero su "come funzionano le cose";
valori: ciò che pensiamo sia più importante o in cui crediamo profondamente;
obiettivi: ciò che vogliamo ottenere
Imprinting iniziale: ciò con cui siamo cresciuti e sperimentato nelle fasi cruciali dello sviluppo, ad esempio:
i figli di persone che hanno fatto migliaia di diete corrono un rischio maggiore di diventare essi stessi sempre a dieta e di avere rapporti malsani con il cibo e il mangiare;
gli adulti che hanno vissuto esperienze infantili avverse come traumi, abusi e abbandono hanno molte più probabilità di lottare con problemi legati al cibo e all'alimentazione;
Anche il nostro umore gioca un ruolo importante nel modulare i nostri meccanismi edonistici e omeostatici della fame.
Come può essere la fame quando siamo felici?
Sebbene molti fattori contribuiscano a sentirsi felici, avere capacità adattive di gestione dello stress ci rende più facile raggiungere emozioni positive ed avere un buon rapporto con il cibo.
Quando impariamo e pratichiamo queste abilità di gestione dello stress:
Il nostro corpo tende a rilasciare più serotonina (l’abbiamo incontrata quando abbiamo accennato il ruolo dello stress), che, oltre ad essere un neurotrasmettitore del "benessere", è un soppressore naturale dell'appetito.
Siamo in grado di distinguere meglio tra fame omeostatica ed edonica.
Possiamo regolare meglio la nostra fame edonica (in modo che mangiare la torta al cioccolato ti dia piacere senza farti sentire in colpa per questo).
Troviamo piacere in altre attività come passare il tempo con gli amici, leggere e disegnare, invece che limitarci a mangiare (cioè, il cibo non è usato come sedativo).
Come può essere la fame quando siamo invece stressati?
Lo stress psicologico o emotivo riduce la nostra risposta generale a sostanze e comportamenti gratificanti e fa sembrare le cose minacciose o insignificanti.
La nostra attenzione va quindi a cercare di gestire le nostre emozioni e alleviare la sofferenza, ad esempio con la distrazione o attenuando il disagio.
Come avevamo accennato sopra, in condizioni di stress da lieve a moderato alcune persone mangiano di più, altre mangiano di meno.
Durante lo stress acuto (come qualcuno che ti salta addosso e urla "BOO!!"):
Le nostre ghiandole surrenali rilasciano l'ormone dello stress, il cortisolo.
Il cortisolo interrompe la produzione di insulina e favorisce il rilascio di glucosio (la fonte energetica primaria dei nostri muscoli) nel flusso sanguigno.
Riceviamo un'ondata di energia per affrontare la minaccia percepita (lotta o fuga).
Intraprendiamo una sorta di azione.
Le cose dovrebbero tornare alla normalità.
Sfortunatamente, per molti di noi
lo stress diventa cronico, anche in assenza di una minaccia
spesso ci viene impedito di agire (ad esempio, non puoi scappare o combattere a pugni con il tuo capo), quindi non risolviamo mai veramente la risposta allo stress.
La risultante combinazione di cortisolo alto e insulino-resistenza aumenta il nostro desiderio di cibo.
Perchè i cibi di conforto durante lo stress sono quelli più "grassi"?
Nello specifico si tratta di cibi più ricchi di zuccheri! E questo non è un caso.
Infatti, lo zucchero:
Può smorzare la nostra risposta allo stress inibendo il fattore di rilascio della corticotropina (CRF), un ormone critico che regola la risposta dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Questo può sopprimere il rilascio di molecole di stress come l'ormone adrenocorticotropo (ACTH).
Migliora l'attività oppioidergica centrale nel nostro cervello, che aumenta il nostro senso di piacere
Tale attività contribuisce anche alle proprietà di dipendenza dello zucchero, ma, con moderazione, questo non è un grosso problema.
Tutti possiamo goderci una coccola occasionale senza problemi!
Il problema nasce quando si mangia costantemente fuori sincronia con i bisogni fisiologici
Mangiare guidati dalle emozioni
Quando il nostro appetito e la nostra fame diventano disregolati al punto in cui non si tratta più di soddisfare le nostre esigenze energetiche e nutritive, ma piuttosto di aiutarci a gestire le emozioni spiacevoli, allora ci spostiamo nel territorio dell'alimentazione disordinata.
La cosa può avvenire su uno spettro dove:
Ad un estremo interferisce così tanto con la vita quotidiana e la tua salute profonda da diventare una malattia che richiede diagnosi e cure cliniche.
All’altro estremo hai invece una leggera interferenza (ad esempio ti capita di dormire male e inconsciamente mangi 1-2 biscotti in piu' la sera dopo cena.
È interessante notare come molte persone (specialmente quelle che cercano coaching nutrizionale) hanno un certo grado di disturbi alimentari subclinici, abbastanza da causare problemi e preoccuparli, ma non abbastanza da cercare assistenza medica.
Il disordine alimentare emerge da un'ampia gamma di fattori biopsicosociali, dalle tendenze genetiche, alle esperienze infantili avverse, ai comportamenti dietetici passati, alle fasi della vita.
E’ un insieme complesso di comportamenti, pensieri e sentimenti, ma generalmente comporta:
una preoccupazione per il cibo e il mangiare (o evitare di mangiare, nel caso di disturbi di tipo restrittivo come l'anoressia);
comportamenti alimentari disadattivi;
mantenere un rigido controllo o perdere il controllo facilmente;
sopravvalutazione della forma fisica e del peso (in altre parole, essere fissati sulla propria forma, taglia, peso, magrezza, ecc. e considerarli estremamente importanti, al di sopra di altre cose come lavoro, relazioni, scuola, hobby, ecc.);
immagine corporea distorta e insoddisfazione corporea.
Se sospetti una disregolazione nella relazione che hai con il cibo o il comportamento alimentare, ecco alcune cose che puoi provare.
Raccogli dati sulla relazione tra pensieri, sentimenti e comportamenti.
Prova un diario alimentare;
Prova ad identificare gli eventi e le circostanze prima di un episodio;
Prova ad identificare pensieri emozioni ed eventi prima dopo e durante un certo episodio in cui hai mangiato;
Molti persone sono in grado di capire l'entità del loro mangiare guidato dalle emozioni solo dopo aver visto la connessione nei loro diari alimentari.
LE DIETE NON RISOLVONO QUESTO PROBLEMA!
Spesso, è proprio a causa di una storia di dieta che le persone finiscono per mangiare in modo disordinato.
Sebbene alcuni studi suggeriscano che alcune pratiche come "cheat days/meals" o "reset metabolico" (cioè, mangiare di proposito per un breve periodo per cercare di aumentare i livelli di leptina, e quindi la sazietà) potrebbero migliorare la perdita di grasso, la massa corporea magra e la perdita di peso, queste comportano potenziali svantaggi, ad esempio il rafforzamento dell'idea che alcuni cibi o sentimenti siano "buoni/cattivi".
Cerca invece piccoli cambiamenti nutrizionali, come l'aggiunta di più proteine per aiutare a produrre neurotrasmettitori benefici.
Piuttosto che concentrarti solamente sul cibo, concentrati sui modi in cui rispondi alle emozioni con il cibo!
UN FATTORE DETERMINANTE: IL NOSTRO AMBIENTE
I nostri ambienti sociali e fisici possono influenzare cose come:
quanto mangiamo;
i tipi di cibo che mangiamo;
quando mangiamo;
come il nostro corpo elabora il cibo (ad esempio, attraverso il nostro microbioma);
come ci sentiamo riguardo alle nostre scelte alimentari e alimentari;
Ad esempio, se sei cresciuto in una famiglia di vegetariani, le possibilità che tu diventi un mangiatore di carne sono molto inferiori rispetto a chi è cresciuto in un ambiente onnivoro.
Oppure, se ti identifichi con una cultura in cui il riso o la pasta sono un alimento base, è più probabile che li integri nella tua dieta rispetto a qualcuno di un'altra cultura.
È interessante notare che il ruolo del nostro ambiente nel plasmare le nostre scelte alimentari va molto più in profondità della nostra cultura o posizione geografica. Cose come lo stato socioeconomico, le esperienze dell'infanzia, i rapporti con amici e familiari e persino lo stress possono modulare come e cosa mangiamo.
Dipendiamo dall'accesso al cibo presente nel nostro ambiente: ciò che è disponibile e ciò che possiamo permetterci influenzerà anche il nostro appetito, la fame e i comportamenti alimentari.
Le persone e le norme sociali intorno a noi possono plasmare il nostro appetito e la regolazione della fame insieme alle nostre scelte alimentari e ai nostri comportamenti alimentari.
Prova a prendere in considerazione:
Un atleta del college che mangia secondo un piano alimentare fisso in una mensa scolastica.
Un professionista con un lavoro impegnativo dove è normale mangiare alla propria scrivania e lavorare fino a tardi;
Una persona di mezza età che vuole “mangiare sano”, ma che è anche il cuoco principale della propria famiglia, la quale non ne vuole proprio sapere di questi cibi “sani” … quindi si trova a dover preparare due pasti (i propri e quelli degli altri);
Un giovane atleta che vive a casa e proviene da una cultura in cui il cibo è amore e tipicamente preparato con molti grassi, zuccheri e deliziose calorie dolci e unte.
Possiamo pensare al nostro ambiente sociale come quasi "contagioso", ed è un fattore importante sia nei comportamenti positivi che in quelli negativi.
Per comprendere il perchè di questo "contagio", un buon modo per collegare il legame tra le interazioni sociali e il mangiare è attraverso l'ossitocina, la molecola "amore" del corpo.
Quando ci leghiamo agli altri e mostriamo affetto, il nostro corpo rilascerà naturalmente ossitocina (ad esempio l’ossitocina si rilascia naturalmente nel corpo dopo un abbraccio).
Non è difficile immaginare la differente influenza di un abbraccio prima di un pasto o di una litigata!
Sostanzialmente livelli sani di questa molecola non solo migliorano il nostro senso di benessere e riducono la nostra ansia, ma possono anche regolare la nostra assunzione di cibo.
Per questo motivo, il trattamento con ossitocina ha mostrato risultati promettenti nel trattamento dei disturbi alimentari.
Gli altri possono influenzarci… ma ricorda che anche noi possiamo influenzare gli altri!
Questa associazione è così profonda che ci sono persino prove che suggeriscono che le coppie che si allenano insieme hanno maggiori probabilità di segnalare soddisfazione e affetto nei confronti del proprio partner.
In parole povere, le coppie che sudano e mangiano bene insieme, stanno insieme.
17. Interazioni complesse... ma approccio semplice
Abbiamo esaminato il ruolo dei sistemi edonici nell'appetito, nella fame, nella sazietà, nelle scelte alimentari e nei comportamenti alimentari.
Mentre la fisiologia rimane centrale, anche altri fattori biopsicosociali possono influenzare fortemente queste cose.
Ricorda: i nostri alimenti non sono solo un insieme di molecole e sostanze nutritive.
Piuttosto, mangiamo cibi e pasti all'interno dei nostri modelli dietetici unici, stile di vita e contesto biopsicosociale più ampio.
Sebbene queste interazioni siano complesse, il nostro approccio non deve esserlo.
Concentrandoci sull'esecuzione costante di alcuni comportamenti semplici e fondamentali, possiamo migliorare significativamente la nostra salute e funzione metabolica.
Ecco alcuni esperimenti da provare:
Esperimento 1: Alto e basso
Un giorno, prova a consumare il tuo apporto energetico giornaliero SOLO sotto forma di cibi pronti iperpalatabili.
Questa è la tua occasione per divertirti con il fast food!
Ricorda che stai cercando cibi estremamente appetitosi con molti zuccheri, grassi, sale, coloranti e aromi artificiali, ecc.
Un altro giorno, prova a consumare il tuo apporto energetico giornaliero SOLO sotto forma di cibi a bassa appetibilità, interi, non processati, ricchi di proteine e ricchi di fibre.
Anche se pensi di "mangiare già in questo modo", sii estremamente esigente e preciso a riguardo per il giorno dell'esperimento (ad esempio, niente proteine in polvere, niente yogurt aromatizzato, ecc.). Inoltre, assicurati che ci sia un condimento minimo e nessuna dolcezza aggiunta.
Ricorda che il tuo obiettivo è diminuire l'appetibilità (ad esempio fiocchi di avena integrali, pollo semplice, ecc.).
Prendi appunti per ogni giorno dell'esperimento. Osserva eventuali effetti sull'appetito, sulla fame, sui comportamenti alimentari, ecc.
Esperimento 2: Magia dei macronutrienti
Imposta i macronutrienti su qualcosa di estremo, come:
1. Carboidrati molto alti - proteine e grassi molto bassi.
2. Contenuto molto alto di grassi - proteine e carboidrati molto bassi.
3. Proteine molto alte - carboidrati e grassi molto bassi.
Mangia per 3 giorni diversi rispettando le varie ripartizioni di macronutrienti.
Prendi appunti per i giorni dell'esperimento. Osserva eventuali effetti sull'appetito, sulla fame, sui comportamenti alimentari, ecc.
Esperimento 3: Velocità e tono emotivo
Questo è piuttosto semplice.
Prendi due giorni.
Giorno 1: mangia lentamente, senza distrazioni, ad ogni pasto. Rilassati e calmati di proposito (ad esempio, respirando profondamente o rilassando i muscoli consapevolmente) prima, durante e dopo aver mangiato.
Giorno 2: mangia velocemente, con molte distrazioni (TV! Il tuo telefono! Bambini che urlano!) ad ogni pasto. Sii stressato! Pensa al tuo lavoro, alle finanze, ai conflitti relazionali, ai rimpianti della vita e alle pile di panni sporchi che ti aspettano!
Prendi appunti per ogni giorno dell'esperimento. Osserva eventuali effetti sull'appetito, sulla fame, sui comportamenti alimentari, ecc.
18. Ultimi consigli da coach Francesco
Adesso mi capirai quando dico che la scienza nutrizionale è semplice e complessa allo stesso tempo.
I principi che regolano i meccanismi di assunzione del cibo sono piu’ complessi di quello che pensiamo.
Le azioni che dobbiamo intraprendere per avere una buona salute tuttavia sono semplici... ed implementarle può essere complesso, per alcune persone di piu’ per altre di meno.
Ecco perchè i consigli qui sotto sono universali e saggi per chiunque!
Ma non ti consiglio di provarli TUTTI insieme: di fatto ti consiglio di provarne uno alla volta in aggiunta alle tue abitudini attuali.
Aumenta di conseguenza se senti di farlo bene e regolarmente.
Se si adatta al tuo stile di vita e noti un beneficio è tempo di alzare l’asticella e aggiungere un altro step!
Mangia piu’ proteine magre ad ogni pasto. 0.8-1 g / kg di peso corporeo è il minimo sindacale per avere una buona salute. 1.6-2.4 g/Kg di peso corporeo se vuoi avere piu’ muscoli e meno grasso e se sei over 65.
Mangia l’80% delle tue calorie quotidiane da cibo integrale e minimamente processato;
Mangia il restante 20% da cibo puramente edonico anche se severamente processato, scegli ciò che piu’ ti piace e goditi Ogni. Singolo. Boccone;
Mangia lentamente e senza distrazioni;
Mangia con persone positive e che ti vogliono bene;
Mangia 5 porzioni tra frutta e verdura ogni giorno;
Bevi 3 bicchieri d’acqua a pasto;
Modifica le tue circostanze circondandoti di cibo integrale e minimamente processato, rimuovi cibi severamente processati. Io amo le arachidi salate, ma faccio veramente fatica a mangiarne solo una manciata... così non le compro, ma le mangio solo quando faccio un aperitivo al bar: almeno li non posso fisicamente e socialmente mangiarne piu’ della quantità da me considerata come ragionevole;
Mangia fino a che sei sazio. Su una scala da 1 a 10 questo vuol dire fermarti a 9 o 10. Se stai cercando di dimagrire fermati a 8. Se stai cercando di prendere peso vai a 10 o in alcuni casi anche 11.
Mangia come se fossi un degustatore di vini;
Mangia lo stesso numero di pasti al giorno e ad intervalli regolari;
Vai a letto prima e mira a dormire 7-9 ore a notte;
Esponi la tua pelle al sole prima delle 12. Ricerche dimostrano che questo ti aiuterà a dormire meglio già dalla stessa notte.
Segui un programma di allenamento regolare almeno 3 volte a settimana;
Muoviti regolarmente al di fuori dei tuoi allenamenti. Anche pulire casa con la musica a palla vale!
Pratica la gestione dello stress attiva. Meditazione, gratitudine, il tuo hobby preferito, una passeggiata, vedere arte, passare del tempo in natura, journalling, sono validi strumenti.
Pianifica e strategizza il tuo tempo. Per riuscire a fare ciò che vuoi fare senza accumulare stress nocivo e controproducente.
Chiedi supporto. Non all’ospedale ma ad amici, colleghi, parenti, il tuo partner o un coach. Avere una comunità di persone che supportano uno stile di vita sano e attivo può fare miracoli. Da lupo solitario quale sono anche io tendo a voler fare tutto da solo, ma il potere segreto della community ha avuto un effetto che è andato oltre le mie aspettative. Non vi è nessun premio speciale per riuscire a fare tutto da solo!
Gioca. Divertiti come un bambino... sul lavoro, nelle relazioni, negli allenamenti, nell’alimentazione! Assumere questa mentalità sembra facile ma non lo è. Se mi segui su Instagram vedrai che amo spostare ghisa e percorrere migliaia di km in bici in una manciata di giorni, sembrerà strano, ma quello per me è l’apice del divertimento. Gioca, non prenderti troppo seriamente. La vita è breve e il mondo è grande!
Spero che questo articolo ti aiuti a migliorare le tue abitudini alimentari, la tua salute e la tua vita.
Alla prossima,
Coach Francesco Pavone
Referenze
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